16.4.20

...è bello per noi stare qui


Un’opera d’arte, autentica trasfigurazione del linguaggio comunicativo del suo autore, trasmette -per ciò solo-  infinite sensazioni, tante quanti sono i suoi fruitori e le loro rispettive sensibilità.
In alcuni casi estremi, può addirittura provocare la c.d. sindrome di Stendhal: una patologia psicosomatica che si scatena al cospetto di un'opera d'arte particolarmente evocativa e si manifesta come una sensazione di malessere diffuso, mentre a livello psichico porta a sviluppare un vago senso di irrealtà, ed un improvviso bisogno di tornare alla propria terra e di parlare la propria lingua.
A maggior ragione, avere la possibilità di vedere l’opera in fieri, consente di cogliere aspetti legati al suo autore, altrimenti impossibile diversamente.
Nel caso del “Ballo al Moulin Rouge” del 1890 (da alcuni critici chiamato “La Danza”, o ancora “Valentin Le Desossè addestra le nuove leve”), da molti considerata uno dei capolavori della produzione artistica di Henry de Touluse-Lautrec, tale privilegio è accordato.
Il quadro è conservato al Museo di Philadelphia, ma non è difficile reperire, un po’ dappertutto, una riproduzione fotografica che raffigura Toulouse-Lautrec alle prese con l’opera non ancora terminata, intento a dare i tocchi di contorno che ritiene necessari.
Egli è faticosamente seduto in cima ad uno sgabello; la sua picnodisostosi –che successivamente, in linguaggio medico, sarà chiamata sindrome di Toulouse Lautrec- ne aveva fatto un uomo dal tronco di adulto ma su gambe da fanciullo.
Al tempo stesso, però, il pittore sembra entrare a far parte del gruppo di quei soggetti che sta  raffigurando, e non è una mera osservazione di fatto: Henry de Touluse-Lautrec visse le mille contraddizioni che il destino gli aveva riservato, affrontandole con ironia e coraggio, senza cedere alla disperazione che può trasformarsi in follia (come per il suo compagno di bottega in giovinezza Vincent), disdegnando l’autocommiserazione.
Riuscì nel suo intento cercando il pieno contatto con un’umanità in astratto a lui lontana per tanti motivi. Pur essendo di nobilissimo lignaggio, infatti, scelse di essere parte viva di un coacervo di ultimi: artisti, saltimbanchi, donne di piacere, di cui fu iconico cantore della vita quotidiana e dai quali fu vicendevolmente ed amorevolmente considerato, al netto di ogni distinzione di censo o di aspetto fisico.  
Il quadro –commissionato dai gestori del Moulin Rouge per pubblicizzare il locale, al cui interno rimase per alcuni anni- è infatti tutto questo: una vivida espressione di quella variegata umanità, in cui l’artista è esso stesso parte di ciò che raffigura, quasi che l’opera fosse la cornice del suo stesso essere.
Ed il suo intimo approcciarsi alla realtà di tutti i giorni riuscì a far elevare a rango di opere d’arte anche un comune mezzo di comunicazione fino a quel momento poco considerato, le affiches pubblicitarie, facendone un precursore della pop art.
Ma questo è un altro discorso…


1 commento:

  1. Il famoso Valentin le desossé...favoloso....
    Bella immagine dell'autore colto nella sua performance migliore,la creazione dell'opera.
    È bello coglierne il significato,grazie per la descrizione precisa e carica di particolari.

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