Convenzionalmente, con questa espressione si indicano le conseguenze non intenzionali che sono frutto di azioni intenzionali.
Qualcosa di diverso, concettualmente solo all’apparenza simile, ma ben più profondo ed imperscrutabile, di quella che gli anglosassoni chiamano “serendipity” (il piacevole incidente, per usare un ossimoro).
E’ sulla bocca di molti il successo planetario riscosso dal sequel di “The Last of Us”, il videogioco horror di sopravvivenza in stile avventura dinamica, a sfondo post-apocalittico, sviluppato dalla casa di produzione Naughty Dog in esclusiva per PlayStation 4.
Esso sviluppa tematiche molto “forti”, alcune purtroppo di attualità, redivive
dopo il suo lancio sul mercato.
La vicenda del gioco si svolge infatti a distanza di cinque anni dagli
accadimenti della prima edizione, incentrata su un gruppo di sopravvissuti ad una
pandemia generata dal virus Cordyceps,
un fungo parassita.
Gli orientamenti sessuali dei protagonisti, poi, hanno addirittura determinato
la decisione di procedere ad una censura preventiva in alcune nazioni del Medio
Oriente in cui l’omosessualità è sanzionata penalmente, in isolati paesi
addirittura con la pena capitale.
Tutto ciò non ha però scoraggiato gli sviluppatori che, viceversa, non
hanno minimamente modificato il format, lasciando immutato il concept, nella convinzione che ciò fosse
la scelta migliore ed in aderenza all’iniziale idea ispiratrice.
E’ in tale contesto che si inserisce la vicenda di una teen ager
statunitense, da lei stessa svelata via twitter.
Jiuji, questo il suo nickname, ha formulato i suoi ringraziamenti a tutto il team per essere
riuscita a far accettare la sua omosessualità alla famiglia.
Il primo è stato suo cugino, che
le ha spiegato come osservare la relazione tra le due protagoniste del
videogioco lo avesse aiutato a comprendere più in profondità ogni aspetto di
quella tematica, scusandosi della sua passata insensibilità nei suoi confronti.
Ma -dato ancor più importante- “The last of us – Part II”, ha
contribuito in maniera decisiva ad aprire un’importante via comunicativa tra la
ragazza ed i suoi genitori, da sempre appassionati di videogames (come lei
stessa conferma in un tweet) che, proprio grazie ad esso, hanno maturato una
diversa ottica nei rapporti familiari.
E non è finita.
Juiji, grazie alla scelta dei
creatori, che, con assoluta naturalezza, hanno voluto dare il ruolo di protagoniste
a due persone dello stesso sesso che si amano, ha visto accrescersi la sua
autostima e la fiducia in sé e nel mondo che la circonda, al netto di possibili,
ma irrilevanti atteggiamenti discriminatori.
La PS4, al di là della sua
precipua funzione tecnica, si è quindi dimostrato un utile tramite di
avvicinamento, oltre che prezioso strumento teso all’acquisizione di una nuova
e serena consapevolezza per tutti, lei compresa.
Una storia a lieto fine, protagonista quasi inconsapevole un “gioco” al passo con i tempi che, grazie alle sue dinamiche, alcune impreviste ed addirittura imprevedibili da parte dei suoi creatori, contribuisce a mettere in luce le migliori capacità –anche d’animo- di chi ne fruisce.

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