Henry Gunther,
Augustin Trebuchon, George L. Price. Un americano, un francese e un britannico.
Sembra l’incipit di una barzelletta, ma di allegro non c’è proprio nulla.
E’ l’undici novembre del 1918.
Italia e Austria hanno firmato gli accordi di Villa Giusti otto giorni prima, deponendo finalmente le armi.
In un vagone ferroviario (stesso scenario che si ripeterà nel 1940) a Compiegne, nelle campagne francesi della Piccardia, i plenipotenziari delle forze ancora belligeranti firmano l’armistizio.
Sono le cinque del mattino, ma la cessazione delle ostilità viene fissata per le 11, sei ore dopo, per consentire di comunicare la notizia a tutti i settori del fronte.
La Grande Guerra, “l’inutile strage” -come la definì Benedetto XV- è finita.
Tuttavia quell’arco temporale di sei ore determinerà un’appendice di morte, se possibile, ancor più inutile: morti in guerra quando la guerra, di fatto, era già finita.
Non si può calcolarne con esattezza il numero. Ne furono centinaia, forse migliaia, ma Gunther, Trebuchon e Price sono stati gli ultimi soldati della Prima Guerra Mondiale, dicendola con De Andrè, a dare la vita, avendone in cambio una croce.
Henry Nicholas Gunther, ventitreenne impiegato di banca di Baltimora, trova la morte sul suolo francese, a Chaumont-devant-Damvillers, nella regione della Mosa, alle 10:59.
E’ l’ultimo americano a morire in un’azione di guerra.
Proprio lui, un americano dal cognome più tedesco che americano, schernito per questo dai suoi commilitoni, a morir per mano dei nemici tedeschi.
Proprio lui, morto da eroe, meritandosi la postuma promozione a sergente, dopo che in vita aveva dovuto patire l’onta della degradazione a soldato semplice perché aveva criticato in una lettera, poi intercettata dai suoi superiori, le disumane condizioni delle truppe in trincea.
L’ultimo soldato francese vittima di guerra fu Augustin Trébuchon, caduto sotto il fuoco dei tedeschi, nei pressi della Mosa, alle 10:45.
E’ un portaordini. Morì recando un messaggio al capitano, nel quale tra l’altro si disponeva adunarsi le truppe alle 11:30 e servire un rancio speciale -nell’occasione una fumante zuppa- per festeggiare l’imminente armistizio, da annunciare con uno squillo di tromba fuori ordinanza alle 11:15.
Ha quarant’anni. Fu arruolato per necessità belliche e spedito al fronte, pur se il maggiore di una famiglia di orfani.
E’ un umile pastore. Il suo ultimo sguardo probabilmente riuscì a cogliere la vegetazione delle Ardenne, ubertoso pascolo per le sue pecore.
Muore l’11 novembre 1918, ma la menzione "Morto per la Francia" fu retrodatata a 10 novembre come per gli altri francesi morti quel giorno, in quanto, per le autorità militari, “non era possibile morire per la Francia il giorno dell'armistizio, il giorno della vittoria".
George Lawrence Price, soldato canadese di venticinque anni, è noto come l'ultimo soldato dell'Impero britannico a morire in combattimento durante la prima guerra mondiale.
Muore alle 10:58 durante operazioni di pattugliamento a Mons, sul suolo belga.
Il cecchino tedesco è ancor più invisibile del gas nervino che lo aveva invece risparmiato due mesi prima, lungo il Canal du Nord.
Le loro storie sono zeppe di contraddizioni, laddove, d’altro canto, la guerra è la più evidente contraddizione della vita.
Sono unite da un filo, rosso come il sangue e come il papavero di carta che ogni anno, nel Poppy Day, dopo un momento di raccoglimento alle 11 dell’11 novembre, in tutti i Paesi di lingua inglese, gli uomini di buona volontà appuntano sui loro vestiti.
Il più vicino possibile al cuore.
Sembra l’incipit di una barzelletta, ma di allegro non c’è proprio nulla.
E’ l’undici novembre del 1918.
Italia e Austria hanno firmato gli accordi di Villa Giusti otto giorni prima, deponendo finalmente le armi.
In un vagone ferroviario (stesso scenario che si ripeterà nel 1940) a Compiegne, nelle campagne francesi della Piccardia, i plenipotenziari delle forze ancora belligeranti firmano l’armistizio.
Sono le cinque del mattino, ma la cessazione delle ostilità viene fissata per le 11, sei ore dopo, per consentire di comunicare la notizia a tutti i settori del fronte.
La Grande Guerra, “l’inutile strage” -come la definì Benedetto XV- è finita.
Tuttavia quell’arco temporale di sei ore determinerà un’appendice di morte, se possibile, ancor più inutile: morti in guerra quando la guerra, di fatto, era già finita.
Non si può calcolarne con esattezza il numero. Ne furono centinaia, forse migliaia, ma Gunther, Trebuchon e Price sono stati gli ultimi soldati della Prima Guerra Mondiale, dicendola con De Andrè, a dare la vita, avendone in cambio una croce.
Henry Nicholas Gunther, ventitreenne impiegato di banca di Baltimora, trova la morte sul suolo francese, a Chaumont-devant-Damvillers, nella regione della Mosa, alle 10:59.
E’ l’ultimo americano a morire in un’azione di guerra.
Proprio lui, un americano dal cognome più tedesco che americano, schernito per questo dai suoi commilitoni, a morir per mano dei nemici tedeschi.
Proprio lui, morto da eroe, meritandosi la postuma promozione a sergente, dopo che in vita aveva dovuto patire l’onta della degradazione a soldato semplice perché aveva criticato in una lettera, poi intercettata dai suoi superiori, le disumane condizioni delle truppe in trincea.
L’ultimo soldato francese vittima di guerra fu Augustin Trébuchon, caduto sotto il fuoco dei tedeschi, nei pressi della Mosa, alle 10:45.
E’ un portaordini. Morì recando un messaggio al capitano, nel quale tra l’altro si disponeva adunarsi le truppe alle 11:30 e servire un rancio speciale -nell’occasione una fumante zuppa- per festeggiare l’imminente armistizio, da annunciare con uno squillo di tromba fuori ordinanza alle 11:15.
Ha quarant’anni. Fu arruolato per necessità belliche e spedito al fronte, pur se il maggiore di una famiglia di orfani.
E’ un umile pastore. Il suo ultimo sguardo probabilmente riuscì a cogliere la vegetazione delle Ardenne, ubertoso pascolo per le sue pecore.
Muore l’11 novembre 1918, ma la menzione "Morto per la Francia" fu retrodatata a 10 novembre come per gli altri francesi morti quel giorno, in quanto, per le autorità militari, “non era possibile morire per la Francia il giorno dell'armistizio, il giorno della vittoria".
George Lawrence Price, soldato canadese di venticinque anni, è noto come l'ultimo soldato dell'Impero britannico a morire in combattimento durante la prima guerra mondiale.
Muore alle 10:58 durante operazioni di pattugliamento a Mons, sul suolo belga.
Il cecchino tedesco è ancor più invisibile del gas nervino che lo aveva invece risparmiato due mesi prima, lungo il Canal du Nord.
Le loro storie sono zeppe di contraddizioni, laddove, d’altro canto, la guerra è la più evidente contraddizione della vita.
Sono unite da un filo, rosso come il sangue e come il papavero di carta che ogni anno, nel Poppy Day, dopo un momento di raccoglimento alle 11 dell’11 novembre, in tutti i Paesi di lingua inglese, gli uomini di buona volontà appuntano sui loro vestiti.
Il più vicino possibile al cuore.
