17.11.22

La dolce brezza che muove le tende a controra

Nel cuore di una città dal cuore grande, riposa -tra le tante- la leggenda di una bella principessa e del suo amore spezzato, trasformatosi in disperazione, tale da farla vagare, ancora in abito da sposa, per le vie della città ad introdursi nelle abitazioni in cerca di qualcosa o di qualcuno che non c’era; chi la ospitava, mosso da umana compassione e senso di generosità, le offriva disinteressatamente cibo e protezione, ricevendone in cambio dal re, suo padre (che la faceva seguire perché nulla di brutto potesse capitarle), munifici doni spediti in forma anonima.
Ipostasi dello spirito benefico della casa che assicura pace e serenità ai suoi occupanti.
Una volta accolta in casa, essa controlla e consiglia i membri della famiglia che godono così della sua tutela (a differenza del Munaciello, spirito dispettoso). 
È infatti portatrice di prosperità ovunque sia ben accettata e viene invocata nelle situazioni difficili e che compromettono la serenità familiare. 
Una presenza benevola e gentile che pare ami stare solo nelle case i cui abitanti ne abbiano considerazione.
Un tempo si aveva l’abitudine di mettere a tavola un posto in più per lei, lasciando una sedia libera affinché potesse entrare e sedersi per riposare. Ancora oggi alcuni anziani, in segno di rispetto, ogni qualvolta entrano o escono dalla propria abitazione, le rivolgono un saluto, un ossequio.
Simili premure sono appannaggio di una principessa, così come i suoi capricci: una casa trascurata la rende “nervosa”, al punto da dispensare sventure; stessa sorte per chi si lamenta della propria abitazione, progetti lavori radicali di trasformazione o addirittura un trasloco.
I più fortunati, in rare occasioni, possono scorgerla tra le tende mosse dal vento, in quelle giornate calde, a controra, misurate dalla meridiana (di qui il nome di “bella ‘Mbriana”, spirito diurno). 
Ma solo per un attimo: se sfiorata da sguardi umani, la bella ‘Mbriana assume le propizie sembianze di un geco, che da quel momento nessuno dovrà più scacciare o tantomeno disturbare.
Perché? 
A questo punto l’etereo pensiero si fonde con la materialissima scienza. 
Il geco possiede, tra i pochi animali della Terra, l’incredibile capacità di aderire con le sue zampe ad ogni tipo di superficie, senza la necessità di usare secrezioni adesive.
Le sue zampe sono ricoperte di più di due milioni di peli, capaci di sviluppare forza attrattiva in virtù della c.d. “interazione di van der Waals”: in teoria, uno stivale che sfruttasse lo stesso principio fisico potrebbe consentire a chi lo calza di aderire alla superficie della Stazione Spaziale Internazionale, come alla parete di una stanza qualsiasi.
Il geco, così, assurge a simbolo di salda unione con le superfici materiali delle pareti di casa, come pure, metaforicamente, con le persone che vi vivono; una connessione in spirito e materia.
La tradizione secolare della bella ‘Mbriana si riverbera ancor oggi nella vita quotidiana e sovente il suo nome è accostato a locali o esercizi commerciali di ogni natura, soprattutto partenopei. 
Fa capolino nelle arti letterarie e nella musica. 
Ne hanno scritto Giambattista Basile, in epoca barocca, Giuseppe Pitrè, nella sua opera “Curiosità popolari tradizionali” del 1890, Carlo Tito Dalbono, Giovanni Emanuele Bidera, Gaetano Amalfi e Matilde Serao.
Più di recente, nel 1982, Pino Daniele chiamò “bella Mbriana” la canzone che poi dà il nome ad un intero album.
Proprio Giuseppe Pitrè, riporta un adagio popolare: “Fanno diventar bello un brutto, arricchire un povero, ringiovanire un vecchio. Nel bel numero è la Bella ‘Mbriana, un vero augurio della casa. Qualche popolana, ritirandosi, la saluta: «Bona sera, bella ‘Mbriana!». E, così, se la propizia”.
Rientrati a casa, anelando tranquillità e positività, si potrà quindi ricorrere a lei con l’antica invocazione: “Bella ‘Mbriana, scetate!”. Svegliati, Bella ‘Mbriana, e portami fortuna. Sicuri che Ella ricambierà generosamente.